Rompere il tabu delle privatizzazioni

Chi ha sentito parlare di Carrillion? In pochi, fuori dalla Gran Bretagna , conoscono questa grande impresa edile, la seconda del paese, con oltre 45 mila addetti e un ruolo egemonico negli appalti pubblici, dalle case di edilizia popolare alla manutenzione degli immobili Ministeriali, di scuole e ospedali fino alle grandi opere.

Carillion nei giorni scorsi ha dichiarato fallimento e nel paese si sta scatenando un dibattito sulle privatizzazioni che investe perfino il giornale economico per eccellenza : il Financial Times. Sono a rischio innumerevoli opere già commissionate, appalti concessi da tempo e in fase di realizzazione o ancora da iniziare, l'intervento statale si renderà necessario per garantire almeno la costruzione di ospedali o realizzare opere manutentive non piu' procrastinabili

Non che sulla strada della Brexit sia avvenuto il miracolo, nessuna conversione di incalliti liberisti che hanno accumulato ingenti profitti dalla fine degli anni settanta ai nostri giorni, ma senza  dubbio i continui fallimenti delle aziende privatizzate o private, il decadimento di quelli che erano un tempo servizi pubblici, alla lunga stanno facendo ricredere molti degli assertori della libertà assoluta del Dio Mercato.

Sarebbe utile andarsi a rileggere articoli, saggi e interviste dei nostalgici della Thatcher, quanti a distanza di anni continuano a riconoscerle un ruolo determinante nelle politiche di privatizzazione che , a detta loro, avrebbero impedito la stagnazione economica.
Non c'è bisogno di pensare alla Lady di ferro, solo due anni fa il Governo conservatore in Inghilterra aveva previsto un grosso pacchetto di dismissioni statali per un valore di circa 32 miliardi di sterline ( 45 miliardi di euro).
Non c'è bisogno di togliere la polvere da cumuli di giornali dei primi anni ottanta, basta leggere Il Sole 24 Ore o la Repubblica per reperire qualche corsivo dei liberisti sempre verdi, gli stessi poi che pretendono finanziamenti statali per le innovazioni.

Le continue privatizzazioni hanno prodotto la dismissione delle proprietà pubbliche e il successivo depotenziamento dei servizi, oggi se ne paga le conseguenze tra ferrovie carenti di manutenzione, municipi paralizzati, ospedali bisognosi di poderosi interventi infastrutturali.

Ci sono servizi che non possono essere privatizzati pena il loro stesso ridimensionamento tra parziali erogazioni e una platea di esclusi sempre piu' vasta. Se in Gran Bretagna si accende il dibattito sulle privatizzazioni, in Italia il ripensamento è ancora lontano.

A dimostrarlo sono le notizie di cronaca, le morti e gli infortuni sul lavoro in continuo aumento a tal punto da non provocare nel paese indignazione, rabbia e proteste se non formali comunicati sindacali o sparute proteste. Gli scioperi poi indetti a realtà di base pur piccole, se acquistano consensi e partecipazione , vengono repressi dagli interventi della Commissione di Garanzia o dalla firma di accordi dei sindacati cosiddetti rappresentativi che hanno come unico obiettivo il monopolio della rappresentanza e della contrattazione, anche a discapito degli interessi della forza lavoro per la quale ogni limitazione dei diritti,  primo tra tutti quello di sciopero, dovrebbe rappresentare una minaccia alle stesse libertà sindacali-

 Solo pochi giorni fa un tir si è scontrato con un treno provocandone il deragliament , due morti e numerosi feriti, diversi dei quali resteranno a lungo in ospedale. Nessuno, o quasi, ha riflettuto sull'accaduto, sulla ragione del trasporto merci su gomma, delle condizioni di lavoro e di vita dei cottimisti dell'est europeo i cui salari sono collegati alle ore effettive di guida.

Nell'Ue allargata , soprattutto nei paesi di recente affiliazione, le condizioni di lavoro sono sempre meno sostenibili tra sfruttamento, deroghe agli orari di lavoro, salari e contratti da fame e scarse normative a tutela della salute e sicurezza di chi lavora. Gli autisti dei mezzi pesanti, e non solo loro, sanno che pera raggiungere un salario dignitoso devono sobbarcarsi condizioni lavorative che mettono a repentaglio non solo la loro salute e sicurezza ma anche la incolumità dei cittadini. E' il ricatto di quelle privatizzazioni di cui parlavamo all'inizio, il libero mercato a cui tutto viene concesso anche quando sono palesi i danni sociali provocati.

Pochi parlano della carenza di manutenzione dei mezzi  sia in Ferrovia che nel trasporto pubblico locale, anzi  quanti hanno denunciato  i tagli in questi settori sono stati isolati o perfino licenziati per il venir meno del rapporto di fiducia da parte aziendale  Ma un analogo discorso andrebbe fatto per la manutenzione del territorio, di strade e scuole un tempo a carico delle Province, per non parlare poi del 30% dei finanziamenti europei a tale scopo mai utilizzati dal nostro paese per assenza di bandi pubblici.

Poi ci sono state decisioni assurde, sempre in nome nella riduzione dei costi, come la soppressione del doppio macchinista che non rappresentava un costo ma piuttosto una importante garanzia a tutela della nostra sicurezza.  O analogo discorso potrebbe essere fatto per i casellanti ai passaggi a livello.Tutto è avvenuto con il silenzio assenso dei sindacati complici e un'opinione pubblica confusa, priva di elementi di giudizio autonomi. A distanza di 40 anni , tocchiamo con mano i risultati delle privatizzazioni con incalcolabili danni sociali, di fronte ai quali non si puo' scappare.

Ci hanno raccontato delle grandi opere come elementi indispensabili, eppure siamo il paese che non riesce a ricostruire, dopo anni, le aree terremotate o colpite da alluvioni e devastazioni ambientali, siamo il paese incapace di sostituire un passaggio a livello pericoloso o di bonificare i siti inquinati, eppure il mancato intervento è causa del diffondersi di malattie e patologie gravi, impedisce il recupero dei territori adibendoli a uso agricolo.

Siamo la nazione dalla memoria flebile, nel nostro paese sono ancora in auge in tv, in politica e nel sindacato i cantori del libero mercato, gli stessi per i quali i gravi incidenti sono frutto di casualità o di una presenta arretratezza tecnologica, gli stessi che raccontano della ripresa economica in Grecia omettendo la svendita di intere isole, i licenziamenti di massa, la disoccupazione e la miseria, gli stessi che ignorano la presenza di un vasto conflitto sociale e sindacale.  E a proposito di arretratezza: Peccato che questavera o presunta che sia, non è casuale (come gli incidenti sul lavoro?)  ma prodotto delle loro privatizzazioni, del ridimensionamento dei settori pubblici e del welfare universale a unico vantaggio dei profitti di pochi. Anche in Italia allora è tempo non di spending review ma di invertire la tendenza alle privatizzazioni

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