Assemblea nazionale dei professionisti dei beni culturali: un percorso di lotta e di proposta da sostenere
Pisa, II Assemblea di “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”
Si è tenuta a Pisa nel weekend di fine Aprile, la seconda assemblea nazionale della campgna “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”.
L'assemblea è stata ospitata nei locali del Polo F presso il
Dipartimento di Ingegneria a Pisa, un luogo non casuale perchè gran
parte dei professionisti dei beni culturali arrivano dal mondo
universitario.
Una
giornata particolarmente intensa , discussioni serrate alla presenza di
una cinquantina di "professionisti", tra uomini e donne, addetti ai
lavori e non, per discutere collettivamente della situazione dei temi
che riguardano (e affliggono) il settore dei beni culturali in Italia.
La
giornata ha vissuto principalmente su due momenti: la mattina con lo
svolgimento dei tre tavoli di lavoro, declinati su temi differenti e
tutti molto interessanti, al pomeriggio l'assemblea plenaria.
Ne abbiamo parlato con Andrea Incorvaia tra i promotori della assemblea
In
ordine non d’importanza gli argomenti trattati sono stati quelli delle
guide turistiche; nello specifico “L’abilitazione di guida turistica:
criticità e proposte da strutturare”.
Un
tavolo che ha analizzato la situazione delle guide turistiche e degli
aspiranti tali per capire dove iniziare a costruire, una proposta da
presentare alla politica, per riuscire a sbloccare lo stallo esistente.
Le guide turistiche nell'epoca del turismo globalizzato hanno visto disconosciuto il loro ruolo..
Il
secondo tavolo ha riguardato il riordino dei percorsi formativi nelle
classi dei beni culturali; dove si è parlato dei lavori in corso, della
commissione Miur-Mibact, e del futuro della classe di laurea, con la
presenza di Marco Abate, membro di quella commissione e del Consiglio
Universitario Nazionale.
L’ultimo
tavolo, intitolato “Mettere in rete le realtà italiane dei Beni
Culturali e della Cultura si può?” ha visto la presenza di ospiti (i
lavoratori delle lirico-sinfoniche) all’interno di un tavolo eterodosso,
cha ha provato a fare il punto della situazione per far connettere le
realtà che lavorano sui beni culturali e sui loro professionisti in
Italia.
Dopo
la classica pausa pranzo, la discussione si è conclusa, con due
relatori d’eccezione; Maria Pia Guermandi (Emergenza Cultura) e Federico
Giannini (Direttore di Finestre sull’arte). Una plenaria carica di
significato e molto partecipata che ha fatto sua la proposta emersa dai
tavoli della mattinata: il bisogno essenziale di una grande
mobilitazione dei professionisti per il prossimo autunno.
Siamo
in una fase storica dove i beni culturali, sono stati spesso
laboratorio per riforme del lavoro e utilizzo provocatorio, oltre che
dannoso, del volontariato sostitutivo, la voce di piazza si rende
quantomeno necessaria per provare a squarciare il velo dell’ipocrisia,
disegnato ad arte, della retorica della bellezza. Il lavoro gratuito
nel settore è stato concepito in aperta antitesi al riconoscimento del
nostro ruolo come lavoratori e professionisti. Sta ormai dilagando la
idea che la sola cultura possibile per le amministrazioni locali è
quella a costo zero, per costo zero intendono lavoro gratuito e
disconoscimento dei ruoli di chi opera nei beni culturali. La nostra
battaglia è per i lavoratori, per l’immenso Patrimonio italiano.
Di
questi argomenti ha parlato anche Federico Giannini che sulla rivista
da lui diretta ha dedicato un corsivo al Primo maggio e agli operatori
culturali (https://www.finestresullarte.info/866n_non-e-un-buon-primo-maggio-per-i-lavoratori-della-cultura.php)
Dai rilevamenti Eurostat fotografano una realtà difficile. Dal 2011 al 2016, il numero dei lavoratori della cultura
in Italia è andato calando: siamo passati dai 783.000 del 2011 ai
766.000 del 2016. Una percentuale del 3,4% sul totale complessivo dei
lavoratori, che ci pone al di sotto della media europea (del 3,7%). E
questo quando in tutti i più importanti paesi europei, il numero dei lavoratori aumentava:
in Spagna dal 3,1 al 3,5% (dai 563.000 lavoratori del 2011 ai 634.000
del 2016), nel Regno Unito dal 4,3 al 4,6 (e nel paese i lavoratori
della cultura sono in numero doppio rispetto
all’Italia: 1.261.000 nel 2011, 1.466.000 nel 2016), mentre in Francia e
in Germania le percentuali sono scese, ma il numero complessivo è
aumentato: un lieve incremento in Francia (dagli 885.000 del 2011 agli
889.000 del 2016, percentuale in discesa dal 3,4 al 3,3%) e un aumento
più consistente in Germania, dove i lavoratori sono passati da 1.573.000
nel 2011 a 1.659.000 nel 2016 (dal 4,1 al 4%). Sono comunque soltanto quattro
i paesi che hanno registrato un calo del totale dei lavoratori
culturali: oltre che da noi, segno negativo anche in Danimarca, Croazia e
Finlandia. Tutti gli altri ventiquattro paesi dell’Unione Europea hanno invece puntato sulla crescita del lavoro nel settore della cultura.
Non solo: siamo anche tra gli ultimi quanto a percentuale di giovani
tra i 15 e i 29 anni impegnati nel lavoro culturale (l’11,89%: peggio di
noi hanno fatto solo Slovenia e Grecia, rispettivamente con l’11,58 e
l’11,09, contro una media europea del 17,87, e siamo anche gli ultimi della classifica
per percentuale dei giovani sul totale complessivo dei lavoratori),
siamo penultimi per la percentuale d’impiego di lavoratori forniti d’un
livello d’istruzione post-diploma sul totale dei lavoratori culturali
(il 44,20%: peggio di noi solo Malta con il 40%, la media europea è del
57,82%), e arranchiamo anche sul totale delle donne che lavorano nella cultura (siamo quartultimi davanti a Spagna, Regno Unito e Malta).
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