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Mobbing : perchè dovrebbe essere un reato penale..
Il mal di lavoro e il reato di mobbing
Ringraziamo
l’avv A. Rombolà di Medicina Democratica autore di pubblicazioni e
innumerevoli interventi sulla necessità di inserire nel codice penale il
reato di vessazioni sul lavoro e l’Aibel (associazione italiana
benessere e lavoro) che da tempo opera a tutela dei lavoratori e delle
lavoratrici.
Dimostrare oggi il mobbing nei luoghi di
lavoro è sempre piu’ difficile, esistono poi numerosi casi di vessazioni
e soprusi che non vengono neppure segnalati, si subiscono ingiustizie
in silenzio nel timore di ritorsioni, procedimenti disciplinari e
licenziamenti.
Le sentenze, al tempo della Fornero e del Jobs act,
vedono spesso soccombere i lavoratori e le lavoratrici, la mancata
reintegra in caso di licenziamento illegittimo gioca a favore dei
padroni, lo stesso contenzioso poi viene ridotto ai minimi termini.
Ma
nonostante le difficoltà oggettive e la debolezza del potere
contrattuale, è bene focalizzare l’attenzione sul problema mobbing e
piu’ in generale sui dispositivi coercitivi imposti alla forza lavoro.
Il lavoratore, o lavoratrice che sia, deve dimostrare dettagliatamente
gli intenti persecutori nei suoi confronti avendo davanti due strade da
percorrere: quella giuslavoristica- previdenziale e\o quella penale.
Il
giudice di solito tende a privilegiare la strada non penale e fino ad
oggi i contenziosi si sono limitati a far prevalere l’ipotesi
risarcitoria riconoscendo la malattia o un indennizzo.
Ma invece
se nel nostro ordinamento esistesse il mobbing come vero e proprio reato
penale, i lavoratori avrebbero di sicuro maggiori tutele, stesso
discorso vale per i medici del lavoro e i servizi ispettivi della Asl
sottoposti da anni a duri attacchi e drastici ridimensionamenti.
Insomma
non si tratta di ridurre il mobbing a violenza privata o a lesioni
personali ( dolose o colpose), se il codice penale prevedesse un reato
specifico maggiore sarebbe la possibilità di perseguire il reato stesso
senza “sminuirlo” e senza quei margini discrezionali che in numerosi
casi hanno determinato l’assoluzione del datore.
Ovviamente
qualora il codice penale prevedesse il reato di mobbing, anche
nell’immaginario collettivo le vessazioni ai danni dei lavoratori
sarebbero viste con occhio diverso. Il reato penale di mobbing darebbe
vita a una diversa consapevolezza da parte dei Giudici, dei medici del
lavoro, delle stesse aziende che rivedrebbero anche il loro modus
operandi
Qualcuno potrebbe obiettare che i tribunali sono
paralizzati da troppe cause e con il reato di mobbing ci sarebbero
centinaia di cause, una obiezione da respingere perché oggi i costi di
una causa sono ingenti e i tempi di giustizia cosi’ lunghi da
scoraggiare i ricorsi. Tuttavia la giustizia in materia di lavoro, da 20
anni a questa parte, è stata per lo piu’ a senso unico, probabilmente
perché lo stesso legislatore ha emanato leggi all’insegna della
precarietà e quei diritti acquisiti negli anni sessanta e settanta non
sono piu’ tali.
Allora, come accaduto con lo stalking, anche
il reato di mobbing se trovasse spazio nell’ordinamento penale, sarebbe
di aiuto alla resistenza dei lavoratori ovviamente una legge non
sostituisce il conflitto e il protagonismo operaio ma puo’ essere di
aiuto. Pieno di ostacoli, spesso insormontabili, è il percorso che porta
al riconoscimento del mobbing con l’onere della prova interamente a
carico dei lavoratori, in assenza di studi scientifici che attestino la
presenza di malattie professionali causate dal mobbing.
E’ cosi’
che aumentano le vessazioni padronali dentro strategie aziendali
finalizzate ad isolare i soggetti conflittuali, si applicano codici di
comportamento e etici costruiti per alimentare un clima di paura e di
rassegnazione. Il reato di mobbing sarebbe probabilmente oggi troppo
sbilanciato verso i lavoratori quando, in ambito legislativo, ogni
intervento realizzato è andato nella direzione degli interessi padronali
(jobs act, riscrittura dell’art 18, reintroduzione del voucher…) ,
quando la medicina del lavoro è stata ridimensionata e messa in un
angolo, quando gli studi medico scientifici sulle malattie del lavoro
trovano sempre meno spazio nella ricerca (se a finanziarla sono i
padroni possiamo capire bene perché non convenga loro sponsorizzare
certi studi)
La via legale e legislativa non puo’ essere disgiunta
da quella sindacale e conflittuale, tuttavia è innegabile che limitando
il diritto di sciopero non sia aumentato il conflitto, da qui la
necessità di riprendere un ragionamento complessivo che tenga conto di
piu’ livelli. Se vogliamo combattere i soprusi nei luoghi di lavoro, il
crescente malessere che attanaglia tanti lavoratori e lavoratrici,
opporsi all’aumento delle malattie\patologie professionali, bisogna
sapere avanzare proposte e ricerche capaci di aprire contraddizioni in
ogni ambito. In questa ottica va letta la giusta proposta del reato
penale di mobbing
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